REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6686/2007 proposto dalla società Eg. - Ente Gestione En. e Am. s.p.a., comune di Al., in persona del consigliere delegato, Pi. Pa. Ca. Hi. Po. s.p.a. (già Ec. s.p.a.) e As. Br. s.p.a., con sedi in Br., in persona dell'ingegnere Re. Ca., presidente del Consiglio d'amministrazione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., sia in proprio che come assuntori dell'obbligo di costituirsi in raggruppamento temporaneo di imprese, rappresentate e difese dagli avv.ti Ga. Pa., Ma. Ca. e Gi. Sa., ed elettivamente domiciliate in Ro., Viale Gi. Ce. (...), presso lo studio del primo dei predetti difensori;
contro
il comune di Cu., costituitosi in giudizio sindaco, dottor Al. Va., rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. Ba. e Ma. Co. ed elettivamente domiciliato in Ro., Via Pi. da Pa. n. (...), presso lo studio del secondo dei predetti difensori;
e nei confronti
di Co. Se. s.p.a., con sede in Ro., costituitosi in giudizio in persona del dottor Je. Pi. Ch., amministratore delegato, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ba. e Ma. Sa. ed elettivamente domiciliata in Ro., Viale Pa. n. (...), presso lo studio del secondo dei predetti difensori;
nonché
di Ir. s.p.a., con sede in To., costituitosi in giudizio in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ba., At. Bo., Fa. Za. e Ma. Sa. ed elettivamente domiciliata in Ro., Viale Pa. n. (...), presso lo studio dell'ultimo dei predetti difensori;
e
di Co. Re. Ca. s.r.l., Ir. En. s.p.a., Ir. Me. s.p.a. e Ca. s.p.a., non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione II, 16 gennaio 2008, n. 33.
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visto l'atto di rinuncia all'appello depositato da Hi. Po. s.p.a.;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, alla pubblica udienza del 20 marzo 2009, il Consigliere Nicola RUSSO;
Sentiti gli avv.ti Ga. Pa., Ma. Ca., Ri. per delega di Ma. Co., e Ma. Ba., come da verbale d'udienza;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Le parti appellanti di cui in epigrafe hanno impugnato, in primo grado, la deliberazione della giunta comunale di Cu. n. 11 del 18.1.07, nonché le precedenti deliberazioni n. 167 del luglio 2006 di nomina della Commissione di gara, i verbali n. 1 del 10.7.06, n. 2 del 25.7.06 e n. 3 del 8.11.06, e gli atti successivi (inclusa la lettera 6.2.07, prot. 7669) comunque connessi, relativamente alla procedura di cui appresso.
Esponevano che il Comune di Cu., con deliberazione consiliare n. 11 del 24 gennaio 2006, ha inserito nel programma triennale dei lavori pubblici 2006-2008 la realizzazione della rete di distribuzione del calore agli utenti dei comparti "Al." e "Ce. St." e degli impianti di cogenerazione di calore ed energia elettrica per la rete, per un costo complessivo di euro 15.000.000,00 da realizzare con il sistema del promotore finanziario di cui agli articoli 37 bis e seguenti della legge n. 109/1994.
Lo stesso Comune, con deliberazione della giunta n. 85 in data 4 aprile 2006, ha avviato la procedura di finanza di progetto, approvando il relativo "avviso indicativo" e le "linee guida relative al project financing". Le proposte degli operatori economici interessati avrebbero dovute essere presentate al Comune "entro e non oltre le ore 12 del giorno 30 giugno 2006". Nell'avviso di gara erano indicati anche gli elementi di valutazione delle proposte e i relativi punteggi: sui 100 punti complessivi, 65 erano riservati al "Valore tecnico del progetto", 5 al "Valore economico e finanziario del piano", 13 all'avvio degli impianti di cogenerazione, 5 al costo annuo di gestione degli impianti e delle reti, 4 sul contenuto e clausole della convenzione, 8 alla "interessenza per l'Amministrazione Comunale". La commissione di gara, nominata con deliberazione della giunta comunale n. 167 del 4 luglio 2006, ha esaminato le due offerte ammesse, quella del costituendo raggruppamento ricorrente, con Eg. S.p.A. in qualità di futura capogruppo e mandataria, e quella del costituendo raggruppamento in cui la Co. Se. S.p.A. figura in qualità di futura capogruppo e mandataria. Al termine della valutazione e della assegnazione dei relativi punteggi, la migliore proposta è risultata quella della Co. Se. S.p.A. con 72 punti, seguita dall'offerta della ricorrente con 67,5 punti.
Con l'impugnata deliberazione di giunta n. 11 del 18 gennaio 2007, il comune di Cu. ha deciso "di dichiarare di pubblico interesse" la proposta presentata da parte del raggruppamento di imprese capeggiato dalla Co. Se. S.p.A., "subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui al successivo punto 4" e cioè:
- che "il Consiglio Comunale riconosca idonea destinazione urbanistica alle aree individuate per la costruzione delle centrali, mediante variante al P.R.G.C., in itinere, successivamente alla sua approvazione da parte della Regione";
- che "la proposta venga favorevolmente esaminata ai fini della valutazione di impatto ambientale da parte dei competenti organi" (qualora per l'esame sia ritenuto sufficiente il progetto preliminare);
- che "le aree individuate per la costruzione delle centrali siano cedute al Comune di Cu. per il prezzo avvalorato da perizia di stima dell'agenzia delle entrate". Prevedendo, inoltre, "che, non verificandosi una delle condizioni indicate al punto precedente, non si procederà alle ulteriori fasi del project financing, e non maturerà a favore del proponente alcun diritto ad indennizzo".
In accoglimento di specifica eccezione formulata da Co. Se. s.p.a., la sentenza di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso originario per difetto di attualità dell'interesse al suo accoglimento, in quanto la deliberazione della Giunta comunale subordina la produzione degli effetti giuridici lesivi per il raggruppamento ricorrente a determinate condizioni future ed incerte, non ancora realizzatesi.
Avverso tale statuizione è stato interposto l'odierno appello, cui successivamente la Hi. Po. s.p.a. ha abdicato depositando atto di rinuncia ritualmente notificato alle altre parti.
La causa è stata decisa all'udienza del 20 marzo 2009, come da dispositivo del 23 marzo 2009, n. 241.
DIRITTO
1. Va preliminarmente dato atto della rinuncia all'appello ritualmente operata da Hi. Po. S.p.a.(già Ec. S.p.a.).
2. Nel merito, il primo motivo di appello - che è volto a confutare l'eccezione di inammissibilità dell'originario ricorso accolta in prime cure - è fondato.
Il Collegio, invero, non ritiene di poter condividere quanto in proposito stabilito dal primo giudice, che ha ritenuto ostativa dell'attualità dell'interesse a ricorrere la circostanza fattuale che "gli effetti giuridici che le norme di cui agli artt. 37 bis, 37 ter e 37-quater della legge n. 109/94 ricollega alla scelta della proposta del promotore... non si sono prodotti per l'espressa previsione condizionante, che rinvia l'efficacia giuridica della dichiarazione di pubblico interesse della proposta del raggruppamento capeggiato dalla Co. Se. S.p.A. al verificarsi di futuri eventi ed ulteriori decisioni (anche di enti diversi dall'amministrazione comunale interessata, come nell'ipotesi di approvazione regionale della variante urbanistica al piano regolatore generale necessaria per attribuire l'idonea destinazione urbanistica alle aree destinate alla realizzazione delle opere del progetto: punto 4, primo alinea, del dispositivo della impugnata deliberazione G.C. 18 gennaio 2007, n. 11)".
Va parimenti escluso il corollario della riferita affermazione, ossia che "la tutela giurisdizionale contro l'atto oggetto dell'impugnazione... [subisca un necessario] differimento del suo esercizio al momento in cui si verifichino le condizioni cui sono subordinati gli effetti lesivi dell'atto".
Ritiene, invece, il Collegio non contrastanti con la sussistenza di un interesse a ricorrere concreto e attuale le circostanze condizionanti di cui al punto 4 della delibera di giunta n. 11 del 18.1.2007, ossia, come si detto in dettaglio nella narrativa in fatto che precede: 1) che, mediante variante al P.R.G., sia riconosciuta l'idoneità delle aree individuate per ospitare le realizzande centrali termiche ed elettriche; 2) che la proposta venga favorevolmente esaminata in sede di valutazione di impatto ambientale; 3) che le aree individuate siano cedute al Comune a prezzo di stima.
Tali elementi condizionanti l'effettiva efficacia degli atti impugnati potrebbero, ma non possono certamente determinare l'inammissibilità del ricorso che sia stato proposto, come nel caso di specie, prima del verificarsi della condizione sospensiva di efficacia dell'atto impugnato, che, sebbene provvisoriamente inefficace, è comunque un atto esistente e perfetto e, come tale, potenzialmente pregiudizievole per i suoi destinatari: basti rinviare, in proposito, al consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in tema di atti soggetti al controllo c.d. successivo antecedente - che ne integra appunto una condizione sospensiva legale- secondo cui è stata sempre ritenuta "ammissibile l'impugnazione di un atto ancora soggetto a controllo successivo" (C.d.S., V, 08 ottobre 1992, n. 967; C.d.S., V, 24 febbraio 1996, n. 230). Anzi, un ricorso presentato solo dopo il verificarsi delle condizioni si esporrebbe alla dichiarazione di tardività.
Per quanto concerne, invece, l'assoggettamento a verifica giurisdizionale anche della prima fase della procedura di project financing - che, peraltro, non è stata posta in dubbio, ex se, dalla sentenza appellata - può richiamarsi C.d.S., V, 10 novembre 2005, n. 6287, secondo cui "la procedimentalizzazione fissata nei due articoli in esame (art. 37-bis e 37-ter [della legge 11.2.1994, n. 109]) appare di per sé sufficiente a configurare la soggezione al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo".
Ciò posto in ordine all'ammissibilità del ricorso di primo grado, esso va dunque esaminato nel merito in questa sede di appello, la riforma della pronuncia di inammissibilità non integrando un "vizio restitutorio" della causa in prime cure, né ai sensi dell'art. 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, né degli artt. 353 e 354 c.p.c.
3. I motivi del ricorso di primo grado - tutti riproposti in appello condizionatamente alla riforma della declaratoria di inammissibilità resa dal giudice di prime cure, nonché di non ritenuta sussistenza dei presupposti di legge per la restituzione della causa al giudice di primo grado - che vanno esaminati in questa sede sono i seguenti:
1°) Violazione degli artt. 37-bis, comma 2, della legge n. 109/94, in relazione agli artt. 10, comma 1, lett. d), 13, comma 5, 19, comma 2, del medesimo testo normativo, nonché degli artt. 98 e 99 del d.P.R. 554/99;
2°) Violazione degli artt. 35 della legge n. 109/94 in relazione all'art. 1 del d.p.c.m. 11.5.91, n. 187, e agli artt. 2501 e segg. e 2506 e segg. del codice civile, nonché degli artt. 75 e 98-99 del d.P.R. 554/1999;
3°) Violazione degli artt. 21, comma 7, della legge n. 109/94 e degli artt. 84, 91 e 92 del d.P.R. 554/99, nonchè dell'art. 12 delle preleggi al C.C.;
4°) Violazione dell'art. 37-ter della legge n. 109/94, in relazione agli artt. 97 Cost. e 84, 91 e 92 del d.P.R. 554/99 e relativi All. A e B. Eccesso di potere per difetto di motivazione, in relazione alla l. 241/90;
5°) Violazione degli artt. 37-ter della l. n. 109/94 in relazione agli artt. 20, comma 2, e 21, comma 2, lett. b), 4 e ss. del medesimo testo normativo in relazione all'art. 91 del d.P.R. n. 554/99;
6° e 7°) Eccesso di potere per violazione dell'Avviso di gara in merito alla normativa sul rispetto dell'ambiente; Illogicità manifesta nel giudizio su alcuni elementi di valutazione di cui alla tabella del comune.
4. Il primo di tali motivi - volto a ottenere l'esclusione dalla procedura delle imprese controinteressate per omessa sottoscrizione congiunta dell'offerta (o, nel caso di specie, della domanda) e per non aver assunto l'impegno, in caso di aggiudicazione, a costituirsi in raggruppamento - è infondato in punto di fatto.
Risulta infatti dagli atti che le imprese controinteressate hanno congiuntamente sottoscritto la dichiarazione di presentazione della proposta di finanza di progetto, ex art. 37-bis cit. in rubrica, "in costituendo raggruppamento temporaneo di imprese ai sensi dell'art. 13 e ss. della Legge n. 109/94, conferendo mandato speciale con rappresentanza alla Co. Se. s.p.a. che verrà così nominata capogruppo mandataria". Il che è tutto quanto è necessario nella presente fase della procedura.
5. E' parimenti infondato il secondo motivo di ricorso, anch'esso volto a sostenere la necessaria esclusione di controparte dal procedimento, per asserita violazione dell'art. 35 della L. n. 109/94 e delle altre norme indicate nella rubrica del motivo in esame, in relazione alle fusioni e cessioni operate tra le controinteressate (fusione per incorporazione di Am. spa in Ae. To. spa; cessione di ramo da Ae. spa a Ir. En. spa; fusione per incorporazione di Si. spa in Am. Commerciale spa, poi denominata Ir. Me. spa).
Premesso che la censura non riguarda l'assoluto difetto di comunicazione di tali vicende societarie - di cui è invece pacifico che il comune di Cu. sia stato informato - bensì l'insufficienza dei contenuti di tali comunicazioni e dei conseguenti controlli dell'amministrazione comunale, l'infondatezza del motivo in trattazione consegue al basilare rilievo che il cit. art. 35 concerne le fusioni e i conferimenti verificatisi dopo la stipulazione del contratto.
Né, al caso di specie, potrebbe comunque applicarsi l'orientamento giurisprudenziale, invero più rigoroso, che ritiene "senz'altro esclusa la possibilità di aggiudicazione in favore dell'impresa cessionaria, poiché, nell'arco temporale compreso tra l'inizio della gara e la stipula del contratto, rileva solo ed esclusivamente la posizione di "partecipante", che è, per sua natura, una posizione assolutamente incedibile" (così C.d.S., V, 10 febbraio 2000, n. 754; C.G.A.R.S., 18 aprile 2006, n. 158), perché nella fase preliminare, che qui viene in rilievo, delle finanze di progetto non è ipotizzabile - non essendo ad essa applicabili i principi di concentrazione e rapidità che informano le gare pubbliche propriamente dette - il divieto di operare qualsivoglia modifica soggettiva alla compagine sociale delle imprese proponenti un progetto che è ancora allo stato preliminare; mentre la necessaria verificazione puntuale di sussistenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi e il controllo analitico delle dichiarazioni rese dovranno svolgersi in una fase ulteriore del procedimento (ossia nell'ambito della successiva procedura, c.d. negoziata, volta a individuare il soggetto che sarà incaricato di eseguire e gestire l'opera pubblica che attualmente è solo ipotizzata).
6. Anche il terzo motivo - attinente alle modalità di formazione della commissione, in asserita violazione delle norme trascritte nella relativa rubrica - è infondato.
E' dallo stesso art. 21, comma 5, invocato dagli appellanti a parametro della condotta amministrativa, che si ricava con chiarezza il relativo ambito di applicazione: esso si riferisce, invero, alla commissione giudicatrice che è nominata dall'amministrazione per effettuare la scelta dell'aggiudicatario o affidatario dei lavori oggetto della procedura, sicché il relativo disposto non può vincolativamente riferirsi altresì alla prima fase delle finanze di progetto, che qui viene in esclusivo rilievo.
Tale principio è già stato affermato da questa Sezione con la propria decisione del 10 novembre 2005, n. 6287, ove si è chiarito che non si è, in questa fase, in presenza di una vera e propria commissione di gara: infatti "la norma contenuta al comma 2 bis dell'art. 37 bis prevede la previa fissazione e pubblicazione dei criteri per la valutazione comparativa, ma non anche la nomina della commissione giudicatrice"; "se pure, dunque, è nella logica operativa che il committente si avvalga, nella valutazione e nella scelta delle proposte, della cooperazione di uffici ed organi istruttori e di consulenza, ed anche di consulenti terzi, essi avranno un ruolo meramente interno ed ausiliario, di natura istruttoria, senza che entrino in giuoco regole proprie delle pubbliche gare".
6. Ancora infondato è il quarto motivo, volto a contestare le modalità con cui la commissione avrebbe operato la valutazione comparativa tra i due progetti presentati: giacché, in tesi di parte ricorrente, avrebbe dovuto procedervi ai sensi dell'art. 91 del D.P.R. 21.12.1999, n. 554, che, in forza del richiamo di cui all'art. 84 D.P.R. cit., si assume applicabile anche al procedimento ai sensi dell'art. 37-ter L. n. 109/1994, cit.
La ragione dell'infondatezza di questo motivo è analoga a quella già vista per quello precedente: la censura muove infatti dall'assunto, che si è però dimostrato essere fallace, che si sia in presenza di una vera e propria gara; laddove la cit. dec. di questa Sezione n. 6287/2005 ha invece chiarito come, nella fase iniziale della finanza di progetto, "non entrino in giuoco regole proprie delle gare pubbliche".
7. E' fondato, viceversa, il quinto motivo di ricorso, nei limiti di cui appresso.
La censura - secondo un consolidato orientamento di questo Consiglio: cfr., da ultima e per tutte, la decisione di questa Sezione 19 maggio 2009, n. 3070 - è fondata nella parte in cui deduce l'illegittimità dell'ulteriore specificazione dei sotto punteggi da attribuire, nell'ambito di quelli già risultanti dal cit. art. 37-ter L. n. 109/1994 e dall'avviso della procedura, che è stata operata dopo il 25 luglio 2006, data di apertura delle buste contenenti i progetti presentati dalle parti in causa.
Relativamente alla sola voce di valutazione "ubicazione e valore estetico degli impianti di produzione", sono stati in tale sede fissati - illegittimamente, appunto perché "a buste aperte" - due nuovi sub-criteri: "il valore architettonico intrinseco dell'impianto e la mimetizzazione del medesimo rispetto al contesto ambientale".
Parte appellante evidenzia, inoltre, che uno di detto sub-criteri (quello relativo alla "mimetizzazione dell'impianto rispetto al contesto ambientale") è illegittimo altresì perché duplicativo dell'ulteriore criterio, già previsto dall'avviso di gara, del "rispetto dell'ambiente".
Anche sotto tale profilo, la censura è fondata, perché uno stesso elemento, quello relativo all'incisione del progetto sul contesto ambientale, è stato in tal modo valutato due volte: sia, correttamente, nell'ambito del parametro relativo al "rispetto dell'ambiente" (ove, su 8 punti disponibili, ai controinteressati ne sono stati attribuiti 7 e ai ricorrenti 4); sia anche, ma illegittimamente, nell'ambito del parametro concernente la "ubicazione e valore estetico degli impianti di produzione" (in cui, eloquentemente, si riscontra lo stesso divario di 3 punti tra i due progetti, che sono stati valutati rispettivamente con 9 e con 6 punti dei 10 attribuibili per tale voce).
Pertanto, va annullata la valutazione relativa alla sola voce "ubicazione e valore estetico degli impianti di produzione".
Il relativo punteggio, che prevede l'attribuzione fino a un massimo di 10 punti, dovrà essere nuovamente assegnato dalla commissione ai due progetti.
La relativa attribuzione dovrà prescindere dai sub-criteri deliberati dopo l'apertura delle buste, e dovrà pertanto riferirsi esclusivamente a quanto espressamente previsto dall'avviso di gara (ossia all'ubicazione e al mero valore estetico che la commissione riconosca ai due concorrenti impianti di produzione); il profilo ambientale esula da tale rinnovanda valutazione, perché già considerato nell'ulteriore attribuzione di punteggio relativa al "rispetto dell'ambiente", validamente effettuata e non annullata.
Sebbene non sia esatto l'assunto di parte appellante (di cui a pag. 23, righe 26-27) secondo cui "l'accoglimento del presente motivo... influisce per una differenza di 6 punti", è, nondimeno, infondata l'eccezione, in proposito svolta dalle parti appellate, di difetto di interesse all'accoglimento di questa sola censura, in relazione al divario complessivo tra i punteggi riportati dai due partecipanti (72 - 67,5 = 4,5) rispetto al punteggio differenziale (9 - 6 = 3) relativo alla sola voce annullata.
Nell'ovvia premessa che il giudice amministrativo non può sostituirsi all'attività valutativa dell'amministrazione, va in proposito rilevato che non si tratta di operare una mera sottrazione ad ambo le parti del punteggio relativo alla voce inficiata dal vizio qui rilevato (se così fosse, non vi sarebbe in effetti interesse all'accoglimento di questo solo motivo, perché il divario di oltre 3 punti tra le due offerte non potrebbe neppure ipoteticamente colmarsi); si tratta, viceversa, di operare una riattribuzione, ad ambo le parti, del punteggio per la voce "ubicazione e valore estetico degli impianti di produzione", nel rinnovo di tale operazione la commissione dovendosi ovviamente attenere ai criteri che si sono poc'anzi specificati.
Trattandosi di un punteggio massimo di 10 punti, non è dato, in astratto, sapere con certezza se dalla sua riattribuzione potrà derivare, o meno, il sovvertimento delle posizioni sostanziali dei due contendenti; sicché non può negarsi la sussistenza dell'interesse della parte, quantomeno strumentale a ottenere la ripetizione parziale delle operazioni di gara, a vedersi accogliere anche questo solo motivo del ricorso.
8. I due ulteriori motivi di ricorso - che deducono essenzialmente diversi profili di eccesso di potere nella valutazione di comparazione, nel merito, tra i due progetti che è stata operata dalla commissione - sono invece infondati.
Essi revocano in dubbio la logicità delle scelte valutative operate nel confronto tra i progetti, confutando che quello delle imprese controinteressate potesse effettivamente ritenersi "migliore": nonché censurano l'assenza di alcune documentazioni tecniche, anche relative alla valutazione di impatto ambientale, asseritamente necessarie per la partecipazione alla selezione.
E' agevole dirimere quest'ultimo rilievo, sulla scorta di quel che si è già detto più volte in ordine all'intrinseca diversità tra la prima fase della finanza di progetto e una vera e propria selezione tra due offerte partecipanti a una procedura di gara (cfr. Cons. St, dec. n. 6287/2005, cit.); infatti il livello intrinsecamente preliminare di progettazione sottostante alla fase preliminare qui in esame esclude la fondatezza della tesi svolta dagli appellanti sul maggior livello di specificità della documentazione necessaria.
Quanto ai residui profili, si rileva che essi impingono in gran parte in profili di merito tecnico-amministrativo, che peraltro la stessa amministrazione ha in questa fase ritenuto - del tutto legittimamente come si è visto - di far valutare a una commissione parzialmente esterna, anche con riguardo alla relativa figura presidenziale; in ordine a tali profili, evidentemente, le scelte non sono sindacabili in questa sede di legittimità.
Quanto ai residui aspetti della censura, l'infondatezza consegue alla considerazione che non è dato ravvisare, alla stregua degli elementi forniti dalla parte appellante, alcun profilo di manifesta illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà delle valutazioni effettuate, pur se con parametri difformi da quelli invocati dalle ricorrenti.
Invero, i profili specifici su cui le censure si appuntano sono quelli relativi alle emissioni in atmosfera (valutate sotto l'aspetto del risparmio di energia, della ricaduta al suolo degli ossidi di azoto e delle polveri), alla rumorosità, al consumo e agli scarichi d'acqua e alla movimentazione di mezzi di rifornimento (questi ultimi due profili, peraltro, sono soltanto menzionati in ricorso, la trattazione effettiva essendo sostanzialmente riferita solo agli altri due).
Ebbene, nei limiti del proprio sindacato di legittimità, ritiene il Collegio che nelle pur approfondite considerazioni tecniche svolte dagli appellanti non si evidenzino i ricordati profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà delle valutazioni effettuate dalla commissione, anche alla luce delle contrarie (e parimenti opinabili, e dunque controvertibili) deduzioni che è dato leggere nelle difese delle parti appellate; sicché deve concludersi che tutte le valutazioni possono senz'altro ricondursi al legittimo esercizio, da parte della commissione, delle proprie capacità di analisi comparativa tecnico-discrezionale sul contenuto dei due progetti esaminati.
In punto di ricaduta al suolo degli agenti inquinanti, ad esempio, i calcoli matematici degli appellanti non sembrano tenere nel debito conto il maggior periodo annuale di accensione dell'impianto secondo il loro progetto; così come la stessa parte non sembra considerare l'intrinseca opinabilità del minor impatto ambientale dell'energia prodotta mediante la combustione delle biomasse; ma è evidente che con ciò il Collegio non intende, né lo potrebbe, prender posizione su alcuno di tali profili, che si sono qui ricordati al solo fine di evidenziare come si tratti di censure sostanzialmente di merito, la cui valutazione non appare illegittimamente svolta dalla commissione, organo di amministrazione attiva fornito delle necessarie competenze tecniche in ordine al cui esercizio non si ravvisa alcun sintomo di illegittimità né di superficialità.
Sicché tali ultimi profili di censura svolti in ricorso sono da disattendere.
9. In conclusione, l'appello è fondato limitatamente al riproposto quinto motivo del ricorso originario, ai sensi e per gli effetti di rinnovazione della procedura che si sono sopra dettagliatamente indicati, sicché solo in detti limiti va accolto.
Le spese del doppio grado, liquidate nella misura di cui in dispositivo, seguono la soccombenza, e vanno perciò poste a carico solidale delle parti appellate a favore di quelle appellanti non rinuncianti, parimenti in solido tra loro; nondimeno, ai sensi dell'art. 46, secondo comma, del R.D. 17 agosto 1907, n. 642 (per cui "il rinunciante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti") le spese di questo solo grado anteriori alla rinuncia, nella misura indicata in dispositivo, vanno poste a carico di Hi. Po. s.p.a., in favore delle sue controparti appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, annulla gli atti impugnati in primo grado nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese del doppio grado a carico solidale delle parti appellate, liquidate complessivamente in misura di euro 7.000,00 (settemila/00) al netto di IVA e CPA.
Dà atto della rinuncia all'appello da parte di Hi. Po. S.p.a.(già Ec. S.p.a.) ponendo a suo carico le spese, liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00) al netto di IVA e CPA, a favore di ciascuna delle parti appellate.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2009, dal Consiglio di Stato in s.g. (sezione V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei signori:
Raffaele Carboni presidente
G. Paolo Cirilloconsigliere
Marzio Brancaconsigliere
Nicola Russo consigliere estensore
Gabriele Carlotti consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/10/2009